Cinquant’anni
fa, i Rappresentanti di sei Nazioni si riunirono a Roma
per firmare quei Trattati che avrebbero posto le basi
del futuro dell’Europa.
Con la caduta del muro di Berlino e la fine della “guerra
fredda”, nasce il “villaggio globale”, una nuova prospettiva che incide sul
livello di sviluppo e sulla qualità della vita sia dei paesi capitalisti, sia di
quelli del Terzo e Quarto mondo: effetti negativi, quali differenze tra Nord e
Sud del mondo, crisi della democrazia, problemi ambientali, immigrazione,
guerre, mancata integrazione delle realtà povere, si contrappongono ad aspetti
positivi, come l’incentivazione degli scambi culturali, l’abbattimento delle
distanze, l’informazione.
Oggi la mutata situazione internazionale richiede un
intervento decisivo dell’Europa, volto a definire la sua posizione tendente a
risolvere i problemi che la globalizzazione comporta, quali la povertà,
l’eccessivo sfruttamento delle risorse dei Paesi meno sviluppati e gli
incontrollati flussi migratori.
L’Unione Europea, ormai affermatasi come struttura economica
internazionale, deve necessariamente assumere un ruolo politico ma, per
esercitarlo in modo efficace, deve arrivare ad una coesione interna che è ancora
una utopia.
L’Europa non possiede una Costituzione che indirizzi
democraticamente ed in modo incisivo la politica dei Paesi membri verso la
mediazione pacifica tra interessi dei Paesi capitalisti e bisogni di quelli meno
sviluppati. Secondo i risultati statistici dell’O.C.S.E. (Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico), il 20% della popolazione mondiale
utilizza l’80% delle risorse del pianeta. Ciò rispecchia l’aggravarsi della
cosiddetta “forbice”, per cui le multinazionali investono nei Paesi del Terzo e
Quarto mondo, assecondando la legge della domanda che proviene dai Paesi ricchi,
mentre i Paesi poveri piombano nella difficoltà di una situazione che solo
dall’esterno può essere sbloccata.
Di fatto, esiste un vuoto di potere, cioè un’assenza di
regolamentazione delle istituzioni sopranazionali che abbiano come basi concrete
la solidarietà universale.
’Unione Europea dovrebbe porsi come primo grande investitore
laddove gli Stati in via di sviluppo non sono in grado di sostenere lo sviluppo
economico locale: si tratta della iniziativa “GLOCAL”, che mira a far confluire
due piani di azione, quello locale e quello globale. Occorre, dunque, evitare le
pratiche protezionistiche ed adoperarsi per un più proficuo utilizzo dei fondi.
Per quanto riguarda l’immigrazione l’Unione Europea, con
appositi protocolli comunitari, deve attuare una azione più corretta che implica
l’istituzione di negoziati bilaterali tra Unione e Paesi di origine, finalizzati
a realizzare delle politiche migratorie tendenti ad una reale integrazione
sostenibile. Bisogna, altresì, che l’Europa si ponga come garante della legalità
di tale processo migratorio, assicurando, a chi proviene dai Paesi stranieri, la
piena fruizione dei diritti sociali.
L’integrazione risulta, dunque, il passo irrinunciabile al fine di
mantenere la pace tra i popoli. L’Europa, infatti, deve perseguire tale
obiettivo attraverso una più efficace politica di prevenzione dei conflitti e
gestione delle crisi internazionali.
In questo senso per costruire l’Europa della pace e della solidarietà è
necessario ancorare l’istituzione politica che ne deriverà ad una concreta
volontà di ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti
internazionali, attraverso l’inserimento di un articolo nella futura
Costituzione che cosi reciti: “l’Unione Europea ripudia la guerra come strumento
di offesa alla libertà degli altri Popoli”. Quindi un futuro esercito europeo
avrebbe funzione di “peace-kaeping” ed al contempo di portatore autorevole dei
valori giustizia, libertà e solidarietà; inoltre si auspica, in questo contesto,
la creazione di una figura politica unitaria, il Ministro degli Esteri
dell’Unione Europea senza il quale l’Europa non potrà esprimere, in modo
efficace ed autorevole, l’indirizzo comune di pacifismo dei Paesi che
rappresenta, soprattutto nell’ambito delle Nazioni Unite e delle Istituzioni
finanziare internazionali.
Risulta indispensabile anche che l’Unione Europea si faccia
promotrice di una riforma del Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U., in senso
maggiormente democratico, che preveda l’abolizione del diritto di veto del
Membri permanenti e l’introduzione di un sistema decisionale a maggioranza
qualificata.
La pace come valore universale, ben distinto dalla pragmatica “non
– belligeranza”, se pur difficoltosa da portare avanti, è un obiettivo possibile
da raggiungere, a condizione che la formazione del cittadino europeo sia
costantemente segnata da un impegno consapevole, attivo e collettivo. Già alla
fine del 1700 Kant aveva scritto che: “ Nessuno Stato si deve forzatamente
intromettere nella Costituzione e nel Governo di un altro Stato”.
Non c’è impegno senza memoria: noi giovani cittadini europei,
memori dei corso e ricorsi storici, della seconda guerra mondiale abbiamo il
dovere civico di ricordare e su tale ricordo costruire il nostro futuro:
l’Unione Europea.
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