BRUXELLES - L'Italia e' tra i
paesi Ue 'maglia nera' che, sotto
la pressione della crisi, tra il 2010 e
il 2012 hanno effettuato i tagli piu'
pesanti al bilancio della scuola.
E' quanto emerge da uno studio
realizzato a cura della Commissione Ue.
A ridurre gli investimenti
nell'istruzione sono stati 20 tra paesi
e regioni Ue, ma a superare quota 5%
sono stati solo Italia (-3,8% nel 2011 e
-6,8% nel 2012), Grecia (record di -17%
nel solo 2011), Portogallo, Cipro,
Ungheria, Lettonia e Lituania. Tagli
inferiori ma comunque significativi,
dall'1% al 5%, in Irlanda, Spagna,
Slovenia, Slovacchia, Polonia, Estonia,
Bulgaria, Repubblica Ceca e Belgio
francofono. |
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Ad
aumentare la spesa per la scuola, invece, sono stati
solo Lussemburgo, Malta, Austria, Svezia e
Finlandia. Dallo studio Ue emerge anche che gli
stipendi degli insegnanti sono stati ridotti o
congelati in 11 paesi tra cui l'Italia, che ha
registrato un calo dei costi per le risorse umane
del 5% nel 2011 e del 6% nel 2012. I tagli hanno
anche causato riduzioni nel numero dei docenti in 10
stati, Italia inclusa, dove nel 2010 e' calato del
6%, anche per effetto della legge 133/2008.
Drastico taglio poi nelle spese per la formazione
professionale degli insegnanti, che in Italia e'
stata ridotta del 50% tra 2011-2012 anche in ragione
della legislazione introdotta nel 2010. Nell'ultimo
biennio, inoltre, ben due terzi dei paesi europei
hanno chiuso o fuso tra loro istituti scolastici, e
in Portogallo, Polonia, Slovacchia, Danimarca e
Islanda il contesto economico e' stato indicato come
uno dei ''principali fattori'', mentre in Italia
come ''la principale ragione''.
''Sono
tempi difficili per le finanze nazionali ma - ha
sottolineato la commissaria Ue all'educazione
Androulla Vassiliou - abbiamo bisogno di un
approccio coerente per gli investimenti pubblici
nell'istruzione, poiche' questa e' la chiave per il
futuro''. Se gli stati non investono
''adeguatamente'', il rischio, ha avvertito la
Vassiliou, e' che ''ci troveremo sempre piu'
arretrati rispetto ai nostri concorrenti globali'',
con difficolta' ad affrontare la disoccupazione
giovanile.