CHIUSA LA PROCEDURA 2009, ORA SI APRE CONFRONTO FRA LAVORO-CRESCITA
Crescita od occupazione. L'ormai imminente e scontato via libera della
Commissione Europea alla chiusura della procedura per deficit nei confronti
dell'Italia apre ora un fronte, più puramente politico ed interno, sulla
destinazione delle risorse 'liberatè dalla decisione, la cui
ufficializzazione è attesa per mercoledì prossimo.
L'annuncio di Bruxelles chiuderà una procedura aperta nel 2009 e, come ha
ricordato lo stesso ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato,
aprirà «margini un pò più ampi di manovra».
La chiusura dell'infrazione, che ufficializza due anni consecutivi con un
deficit sotto la soglia del 3% del Pil, comporta che nei tre anni successivi
il Paese sotto osservazione non sarà più costretto a ridurre il rapporto
Debito/Pil (se superiore al 60%) di almeno il 5% l'anno. Facile capire
l'importanza per questa misura per Roma, che ha un debito che veleggia
ampiamente sopra il 120% del Prodotto interno lordo.
L'Italia non è più osservato speciale ma rientra quindi fra i Paesi
virtuosi, quelli con una maggiore discrezionalità sul deficit, che potrebbe
lievitare nel 2014 dall'1,8% al 2,3%: 0,5 punti percentuali che valgono 8
miliardi di euro, da destinare principalmente agli investimenti produttivi.
Anche se il richiamo dell'Europa all'austerity rimane forte, come emerge
dalla bozza di raccomandazioni della Commissione, che sottolinea all'Italia
l'esigenza di andare avanti sulla strada del risanamento dei conti pubblici.
Ma la promozione dell'Unione Europea non ci esenta da alcune 'bacchettate:
Bruxelles insiste infatti anche sulla necessità di proseguire sul terreno
delle riforme, di migliorare l'efficienza della P.A. e del sistema bancario
nazionale, di migliorare la flessibilità del mercato del lavoro, con una
contrattazione a livello aziendale.
È necessario anche ridurre la pressione fiscale sul lavoro, uno dei temi al
centro dell'agenda del governo, insieme al reperimento delle risorse
necessarie alla sospensione dell'Imu, ad evitare l'aumento dell'Iva, alle
misure per stabilizzare la posizione dei lavoratori precari e al
rifinanziamento della cassa integrazione.
A prescindere dalla destinazione futura dei miliardi in ballo, restano
infatti i problemi di immediata soluzione: i fondi non verrebbero infatti
sbloccati automaticamente e immediatamente, ma potremmo accedere a nuove
risorse senza essere costretti a contrattare con Bruxelles ogni
provvedimento che ha un impatto sui conti, ad esempio quello sul pagamento
dei debiti della P.A.
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